3 maggio 2007

Atene, 410 a.C., in un salotto come tanti (part one)


Socrate: "Sì, versami pure ancora un po’ di quel rosso. Grazie Alcibiade."

Alcibiade: "Di niente. Ma cerca di stare sobrio ancora per un po’ maestro, perché mi pare che Aristodemo sia ansioso di parlare di qualcosa che ritiene importante."

Aristodemo: "Infatti. Voglio sottoporvi una mia questione, amici, nella speranza di poter usufruire della vostra esperta opinione. Negli ultimi tempi, con l’avvicinarsi dei sacri Giochi, mi sono dovuto allenare molto, e ora ne sono proprio stanco.
Ho faticato tanto, sapete, per rappresentare Atene ad Olimpia nella nobile arte di Aiace ed Achille; ma ora che ne ho la possibilità, quasi sono pentito della scelta, fatta anni fa, di intraprendere la via della spada."


Socrate: "Che cosa intendi dire, giovane Aristodemo?"

Aristodemo: "Ecco, mio padre spende un sacco di soldi per farmi frequentare la scuola di retorica del sapiente Gorgia, affinché io un giorno, una volta diventato abile oratore, possa costruirmi un nome come retore in agorà; magari come apologeta delle gesta degli eroi del passato, come l’illustre Isocrate, anche se ora come ora mi piacerebbe più di ogni altra cosa partecipare come avvocato di parte alle cause civili. Per questo assisto con entusiasmo alle lezioni del maestro Gorgia. Egli pare davvero illuminato da Atena dallo sguardo scintillante quando si tratta di argomentare con arguzia una tesi, e voglio perciò imparare bene da lui, sicuro che un giorno potrò mettere grandemente a frutto il sapere di cui vengo messo a parte alla sua scuola. Eppure i miei progressi ultimamente sono stati esigui, nonostante vi abbia dedicato il massimo del mio tempo e delle mie energie, per quanto gli allenamenti per i Giochi me lo hanno consentito.
Il fatto è che gli allenamenti per gli atleti in preparazione ai Giochi sono durissimi, occupano gran parte delle mie giornate, lasciandomi assai poche energie da dedicare alla pratica retorica; inoltre sarebbe gravemente disonorevole verso Zeus Olimpio presentarsi alle competizioni atletiche in suo onore senza esservisi adeguatamente preparati. Certo inoltre è per me motivo di grande orgoglio rappresentare Atene ai Giochi, con la speranza e la determinata intenzione di strappare agli Spartani il loro altezzoso primato. Ma a volte non posso fare a meno di pensare a quanti sacrifici sto facendo per tutto ciò. La fatica, mentale e fisica, di allenarsi e prepararsi alla competizione, nel modo più completo possibile, alla lunga spesso mi lascia vuoto, esaurito.
Allo spadaccino è richiesta la rapidità di un corridore e allo stesso tempo la forza di un lottatore. Non è facile, ma ciò con sacrificio si può ottenere, perché comunque il corpo alla lunga tende sempre ad adattarsi allo sforzo che gli si chiede di fare.

È lo sforzo psichico che forse è ancor più costoso di quello fisico. Non essendo spinto dalla necessità, mantenere la mente a lungo concentrata sull combattimento mi risulta arduo.
Mi costa proprio tenere vivo in me lo spirito bellicoso… soffiare sotto la fiamma della voglia di vincere, di superare l’avversario con tutto me stesso. Soprattutto dopo aver già vinto in passato… Insomma vedo che la determinazione a vincere è in me un fuoco che brucia rapidamente, e che è difficile riattizzare più di tanto. Una volta che questo fuoco si spegne non posso far altro che aspettare del tempo, anche più di un inverno a volte, affinché la fiamma si ravvivi, secondo qualche volere, a me del tutto ignoto, di Ares il Brutale.

Così il tempo mi passa come sabbia tra le dita, sto passando i miei anni migliori tra allenamenti dispendiosi, risultati agonistici altalenanti, studi che molto promettono e che per ora nulla restituiscono. Vi dirò pure, cari amici, che di recente, in qualche momento di sfiducia, sono pure arrivato a pensare di aver sprecato tempo dedicandomi alla spada."

Agatone: "Eccome se l’hai sprecato, Aristodemo!
A faticare con esercizi ginnici, a sudare menando colpi con armi finte, ma altrettanto pesanti di quelle vere. A correre nel freddo invernale così come sotto il calore impietoso di Helios che illumina i cieli. A impolverarti nel ginnasio come fossi ancora un fanciullo in età scolare.
No amico mio, tu davvero ti occupi di attività non più degne di te, che sei uomo ormai fatto. Dedicandoti alle armi tu ti abbassi a un livello troppo umile per chi come te potrebbe avere ben altro.
Sei ricco, giovane, bello e popolare. Libero cittadino della polis più potente e influente.
Andiamo, anche tu, Aristodemo, quando te li concedi, apprezzi parecchio quei piaceri mondani che potrebbero riempire la tua vita, se tu non passassi le giornate con lancia e scudo…"


Aristodemo: "Veramente io combatto con la spada…"

Agatone: "Si scusa, comunque, quel che voglio dire è che ti privi di tali e tante cose…ti ricordi ancora che sapore ha il vino di Cipro? Per non parlare del fatto che non c’è donna dell’Attica che non ti si concederebbe… più ci penso più rimango perplesso. Sei una persona intelligente, eppure tu scegli di vivere similmente a uno stupido spartano.
E per che cosa? Tutto per i Giochi a Olimpia? Certo, è tutto in onore di Zeus; ma bisogna pur onorare con dedizione anche Dioniso con libagioni di vino; rendere omaggio ad Afrodite Etera frequentandone le sacerdotesse con assiduità, e ci sono poi come ben sai molte altre divinità che è bene non inimicarsi.

E se poi ai Giochi non dovessi ottenere il risultato a cui punti? Ci hai pensato? Insomma non è certo detto che Zeus ti assegni poi la vittoria, nonostante i tuoi sforzi; chi ti restituirà questi anni di allenamenti? Avrai buttato via tutto; nessuno si ricorda dei vinti; anzi a dire il vero nessuno si ricorda nemmeno il secondo classificato.
Ma consideriamo anche l’ipotesi ottimistica di una tua vittoria…
Aristodemo come mai la tua mano sinistra sta toccando i tuoi testicoli mentre la tua destra forma una strana figura con indice e mignolo?"


Aristodemo: "No…Niente, scusa…Si vede che non sei un atleta comunque. Continua, ti seguo."

Agatone: "Insomma dicevo, immagina in un’ipotesi ottimistica di poter tornare ad Atene con il sacro alloro dei vincitori. E poi? Potrà questo ripagarti di aver vissuto, tu libero Ateniese, più duramente di un umile contadino della Tessaglia?"

Socrate: "Forse non nel senso che intendi tu, Agatone. Eppure fossi in te mi tratterrei dal criticare qualcosa che non conosci come l’arte della spada, e comincerei ad osservare che obiettivamente in Aristodemo deve scorrere almeno un filo di nobile sangue acheo, di Aiace Telamonio o di Achille il Pie’ Veloce."

Agatone: "Questo certo non si può negare."

Socrate: "Infatti già da più di un anno Aristodemo sta ottenendo vittorie illustri nei combattimenti con la spada; vittorie degne di ammirazione, e motivo di vanto per Atene che ha dato i natali a un talentuoso siffatto. Prima entro le mura, poi in giro per tutta l’Attica.
Quindi, Agatone, ti invito quantomeno a rendere un briciolo di onore a chi tiene alto il nome della tua città.
Anch’io in gioventù ho impugnato la lancia e lo scudo; anche se più per necessità dei tempi che per vocazione, a dire il vero. Ciò non cambia il fatto che conosco la natura del combattimento abbastanza da rispettarla, al contrario di te, Agatone."


Agatone: "Che cosa c’è di rispettabile nella simulazione di un combattimento? Che cosa può venirne di buono? Che cosa può portare se non fatica e dolore?"

Socrate: "Frustrazione, nella sconfitta."

Agatone: "Ah ecco, dicevo bene…"

Socrate: "Ma altrettanta gratificazione nella vittoria. Una volta un saggio disse che la vittoria è figlia di molte sconfitte."

Aristodemo: "Davvero!"

Socrate: "Ebbene sarebbe anche opportuno dire che la gratificazione nella vittoria sarà tanto maggiore quanto grandi saranno state le frustrazioni nelle sconfitte passate e le difficoltà nell’ottenere la vittoria. Una lezione utile, a parer mio."

Agatone: "Mah…forse una lezione sull’inutilità della fatica!"
...

Alfredo di Legge

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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Dalle parti della mia Sparta ho ben in mente un Aristodemo...certo che forse dovrei parlare di Aristodemo-demo visto che qualora avesse anche momenti di sfiducia, non li mostrerebbe.

Devo dire la verità però...Chi la pensa com Alcibiade può essere due cose: uno stolto invidioso oppure un normale essere umano, pertanto uno stolto invidioso.

Nella nobile arte di Achille non ho mai avuto i favori di Zeus. Anche in quei momenti in cui dedicavo all'Arte tutto me stesso. Ma per rispondere allo stolto essere umano - che ha l'ardire di giudicare senza avere provato la commistione unica della nostra Arte mischiata all'agonismo sportivo - è la pratica con tutta la fatica di questo mondo, della quarta dimensione e delle dimensioni non ancora scoperte,che ci permette di raggiungere i nostri sogni e lasciare un segno anche e soprattutto al di fuori della Scherma.

Anonimo ha detto...

Agatone ha ragione,
Come puo' Aristode'
Perder tempo, ahime'
Nel simular tenzone?

Come puo' Aristodemone,
Alle fresche vagine
Dall’ano vergine,
Preferir la lezione?

Sara' mica ricchione
Il nostro Aristodemo,
Il cui piacere estremo
E' la doccia in comunione?

Come puo' portar rispetto
Solo a Zeus il Gran Villoso,
Quando la' nel bosco ombroso
A lui la virgo mostra il petto?

E Dioniso molto offeso
Lancera' maledizioni
Su quei giovani secchioni
Che il suo vino non han preso.


Agatone sono certo
Che di armi non e' esperto
E in battaglia chi piu'temo
E' il nostro caro Aristodemo.

Ma se penso a quella sera
Delle molestie alla vestale,
Noi tutti in gruppo si era
Uniti nell’atto di sfondare

Tutti tranne Aristodemo
Che da solo ci guardava
Tra le mani aveva il remo
Che con gusto massaggiava.

Unknown ha detto...

Confermo l'omosessualità di Aristodemo, così come di colui che mi ha ispirato questo personaggio.

bella topu

AdL

Anonimo ha detto...

ehehehe

ora tutto e' piu' chiaro!

oh cmq poi nn ci siam piu' beccati ma direi che Al O'Law merita un bel big up per la festa dell'altra sera in cui non ci e' mankato nulla: prelibato cibo messicano della serie spostati che devo scoreggiare il burrito; validi surrogati del nettare degli dei (mojito, cuba libre, skuola okkupata, negroni e negretti con i loro schiavisti occidentali con cappello da safari e occhiali da sole); e donne, donne, donne: le piu' esperte, come sempre, non si facevan avvicinare piu' di tanto, adducendo strambe scuse come "scusa ma devo scappare, mi sta squillando il motorino nella borsa che ho lasciato aperta dentro al lavandino intasato". il che tradotto vuol dire "so gia' che stai parlando con me di arte contemporanea e avanguardie letterarie, ma in realta' mi stai immaginando completamente nuda con in testa una parrucca da fine settecento francese mentre faccio gambe-scherma." ci ha azzeccato, cazzo. Per fortuna pero', oltre alle esperte, c'eran pur le verginelle! ah le verginelle! testimonianza vivente dell'esistenza di Dio (finche' qualke brutto peloso e ubriako omaccione fa loro capire che, Dio o non Dio, e' meglio imparare a difendersi da noialtri e dalle nostre perversioni). Peccato solo che insomma alla fine ste verginelle sian rimaste tali...maledette leggi a protezione delle minorenni!

Commovente lo svarione finale in compagnia dei piu' coraggiosi nel dolce silenzio del mom...

Sono pronto a scommetter che Aristodemo sarebbe collassato a quel punto.

Ah, a proposito, siete tornati tutti a casa sani e salvi?