29 ottobre 2007

L'Ira. Ovvero del vecchio conio, cotto nell'adrenalina e distrutto a testate

Diffidate, miei adorati, di chi mai, nemmeno una volta nella vita, si è lasciato scappare un bestemmione, un calcio ad una sacca o un pugno ad una porta.
La scherma, si sa, tira fuori il meglio e il peggio della gente: la trance agonistica, la voglia di vincere, i mesi passati a provare e riprovare finta e cavazione, devono per forza trovare una via d’uscita, uno sfogo.
È questo il motivo per cui gli schermitori che vincono le Oimpiadi esultano in modo così scomposto e incontenibile: saltano, ballano fanno la ruota, lanciano la maschera…
Per converso, chi perde, specie dove la differenza tra il pollice verso e quello alzato la fanno 751 g che scivolano sulla manica di una divisa di un tedesco alto due metri cresciuto a pane e controtempo, deve liberare la sua ira, aprire i suoi chakra e restituire al mondo lo stress e la fatica di cui le migliaia di metri di pedana in un sottoscala umido lo hanno sovraccaricato.
Già, liberarsi: ma come?

È tradizione di questa allegra brigata di scrittori quella di catalogare e ordinare per tipologie: io non ne sono capace, io vi elenco il vissuto e il visto a metrica sciolta.

E allora, prima di tutto uno realizza che ha perso: può essere una luce che si accende, la botta che si sente arrivare, o l’arbitro che alza l’altro braccio, ma ad un certo punto uno lo sa: "ho perso".
Ci sono due strade: tengo dentro tutto, inquino il mio organismo e faccio buon viso a cattivo gioco (poi magari picchio la mia ragazza), oppure mi esprimo, lascio andare qualcosa e dimostro al mondo che "no, non ero qui per questo".
Due cose mi affascinano da sempre: la vocalizzazione dei sentimenti e la dimostrazione pratica della propria capacità distruttiva.

C’è il mistico/introspettivo: "Percheeeeeeeeeeèè????!!!!" a squarciagola. (come "perché"?, ha parato seconda e risposto, dovevi cavare).
C’è quello che ha intravisto la fine del mondo e no se ne capacita: "Noooooooooooo!!!"
C’è quello che non trova le parole, e si limita a dei grugniti scomposti e gutturali, che gli seccano le corde vocali e gli fanno venire mal di schiena.
C’è quello che, semplicemente non sa perdere, e rivolto a te che hai vinto "Certo che… no beh dai, devi ammettere che hai avuto culo dai… ah ma guarda sei.. sei… ah pazzesco, esulti anche? Ma va… va…" (come culo?, ho vinto 15/7?)
Ci sono quelli che bestemmiano, tra i miei preferiti. La bestemmia ha un suo fascino, perfino in un’altra lingua capisci cos’è (grazie Messere che ci traduci quelle degli ungheresi). E, del resto, se sei alla pedana venti a Laupheim chi se ne frega se dici cose per le quali tua nonna chiamerebbe per te un esorcista?
E poi ci sono quelli che litigano: col padre ("Non arriverai mai da nessuna parte se continui così!"), col maestro, con l’arbitro (cfr "sciabolatore medio foggiano o romano").
Insomma una varietà.

Ma il meglio viene con le mani e coi piedi. Come faccio a esprimere il mio malessere? Come posso sfogarmi? Non importa se ho appena corso per nove minuti e sono le sette di sera, non importa se sono stremato: arriverà un momento in cui mi saranno chiare tre cose: 1 - è colpa di quella transenna se ho perso 2– se la spacco forse riuscirò a calmarmi (quindi la DEVO distruggere) 3– ho abbastanza energia in corpo per trainare una nave coi denti.
Vedete, l’energia, la forza è una cosa strana: se sei esausto, se hai finito tutti gli zuccheri ore fa, se il sudore ti acceca, avrai comunque una piccola riserva da qualche parte. Un surplus sufficiente a farti spaccare a pugni una porta (tanto l’adrenalina residua coprirà il dolore iniziale) e questa riserva riuscirai a chiamarla a raccolta in un lampo.
E sarai lucido, preciso, spietato, sarai pura determinazione. Un attimo prima era tutto appannato e non ti ricordavi bene cosa volesse dire "Terza, para Terza". Ora puoi calcolare in un solo, splendido istante, l’esatto angolo con cui colpire la sacca perché si possa rigirare tre volte in volo prima di atterrare.
Lo spadista vero, vive anche in quel momento assurdo e brevissimo che viene subito dopo la sconfitta e prima del pentimento e del dolore alle nocche: il momento dell’ira.
Sedie che volano, maschere utilizzate per provare le nuove teorie sul teletrasporto, sacche doppiecarpiaterovesciate senza schizzi, bottiglie vuote come proiettili, porte concave che diventano convesse, panche di legno spaccate…
Tutti questi non sono che i cosiddetti effetti collaterali delle sconfitte.
Ma, in fondo, non è strano che qualcuno non sfoghi adeguatamente le proprie frustrazioni?
Cosa diventa lo spadista che si tiene tutto dentro?

Altra riflessione: che dire dell’ autolesionismo?
Vi propongo due modelli di autolesionismo, connessi con l’ira: il primo è la premeditazione.
Ho visto un cubano, al Carroccio, perdendo 15/14 con Milanoli dopo esser stato in vantaggio 14/12, lanciare la maschera per la stizza.
Ma mica un lancio normale: da centro pedana un solo fluido movimento a girare del braccio che nel suo descrivere un arco perfetto 1 prende la maschera dalla testa 2 carica 3 la spara ad altezza uomo: un tiro teso, velocissimo, che finisce solo contro la transenna 10 m più in là, prima di avere aperto in due come il Mar Rosso la folla degli spettatori lì vicino.
Ora, a parte il gesto tecnico e la forza bruta (cubana), è chiaro che ha pensato prima a come festeggiare la sconfitta. Ha detto "Se perdo…".
Se arrivi a decidere cosa spaccare e come farlo in caso di sconfitta, soprattutto mentre stai subendo rimonta, praticamente hai già perso…
Il secondo autolesionismo è la rottura dell’attrezzatura. Chi non ha mai rotto una lama per stizza? O non è saltato su una maschera? O non ha spaccato una testina su una colonna in palestra?
Tasto troppo intimamente dolente per essere esaminato oltre…

Ah quanto starei a parlare dell’ira….
Ah quante tipologie… (no, non mi sono dimenticato di quelli che si fanno volontariamente male…)
Ma il tempo stringe, e allora vi lascio con un ultimo aneddoto su una tipologia che mi affascina da sempre: l’ira ritardata, propria solo del vero spadista introverso.

Catania, prima gara di coppa A-20 dell’anno, io e R. siamo in spogliatoio, per noi è durata poco. Siamo già docciati e chiacchieriamo, lo spogliatoio è grande e, oltre alle panche, ci sono quelle pedane per i piedi: 2 mt per 0,5, telaio in metallo e assi di legno.
Entra F., che è un po’ più bravo e più grande di noi, e oggi potrebbe anche vincere.
Io: "Ah F., come è andata?"
F non dice una parola, è calmo come al solito, divisa appena slacciata in alto e fronte sudata.
Chiude la porta, si china e prende una delle pedane da sotto una panca, si gira verso il lato libero dello spogliatoio e, senza dire una parola, la scaraventa dall’altra parte dello spogliatoio contro il muro e per terra. Lo fa con un gesto composto e preciso, come se lanciasse un peso ai giochi della gioventù, solo con due mani.
Frastuono seguito da silenzio di tre persone.
F: "Ho perso.".

Io sono io




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18 ottobre 2007

Cronaca di una gara. Dal passato.

Non avrei dovuto sfidarlo, maledizione. Questa è la volta buona che ci resto secco, me lo sento…e tutto per cosa? quella madame…madame...merda già non mi ricordo più nemmeno il nome. Sei uno stupido. Uno stupido ubriacone. Ah, certo, ti sembrava così elegante, coraggioso, pomposo, già, sfidare quel maiale del marito davanti a tutti in sala da ballo… guardavi tutti nel silenzio imbarazzato e pensavi “ah adesso si che questi squallidi piccoli nobili dell’ultimo momento capiranno come si comporta un uomo, uno che ha del sangue vero, di generazioni, nelle vene!”…ma eri solo annebbiato dal vino stupido idiota. E ti sei addormentato tutto tranquillo nella carrozza pensando che il conte avrebbe dimenticato tutto, che probabilmente avrebbe lasciato perdere, per paura, senti senti, di un duello vero con te! Ha! Perché l’ho fatto? E adesso è l’alba, cade una pioggerellina fredda e probabilmente sto per essere infilzato come un cane nel parco di quel grassone. Potrei scappare…non ho mai creduto all’onore…o forse si...merda…Certo, spesso i duelli sono delle pagliacciate…ci si graffia un po’, tutto qua, non bisogna morire per forza…a un certo punto uno dei due si arrende, penso…non ho mai capito bene come funziona la cosa…Altre volte però si muore, non succede spesso certo ma…poi quello ne ha già ucciso uno qualche anno fa, un ragazzino…dicono che l’abbia passato da parte a parte come uno spiedino, e rideva il porco…e tutto per qualche parola di troppo, non so una risposta sgarbata…quello fa sul serio, è un pazzo, è stato in guerra…eccolo là…sembra un po’ nervoso anche lui…ecco il suo testimone…c’è anche la contessa, non mi guarda…quelli non li conosco…che freddo, forse è la paura…maledizione…non voglio morire. E quella chi è? Dev’essere la sorellastra della contessa…una vera bellezza…con quell’ombrellino di pizzo rosa e il vestito verde…molto bene, allora…se ammazzo il conte…la invito a cena.

un matto

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14 ottobre 2007

Le Parate

Prima, seconda, terza, quarta, quinta, sesta, settima, ottava, contro di contro, copertino, mezzo cerchio e chi più ne ha più ne utilizzi.
L'argomento è veramente vasto, si potrebbe scriverne un'apologia su vari volumi, comprensiva di confronti tra scuole differenti in varie parti del mondo dal medioevo ad oggi.
Si potrebbe...ma per fortuna Scherma & Sperma ha obiettivi di altro genere. Io ho pensato di soffermarmi semplicemente su quattro parate immaginando un incontro tra due destri: prima (bersaglio interno basso), seconda (bersaglio esterno basso), terza (bersaglio esterno), quarta (bersaglio interno).
Ognuna di queste ha vita propria e nell'attimo in cui la nostra lama riesce a dominare quella dell'avversario ed infine colpirlo, è come toccare il cielo con un dito.
Per arrivare a questo orgasmo tecnico bisogna accrescere al massimo la sensibilità sul ferro: se abbiamo deciso eseguire un controtempo sul ferro, decidendo quindi di parare, significa che stiamo inducendo l'avversario a tirare, a meno che non sia subentrato l'istinto per sopravvivere ad un affondo inaspettato.
Immaginando le fasi di un amplesso, nel momento in cui stiamo tessendo la nostra tela per convincere l'avversario che siamo vulnerabili, e' come se stessimo coccolando la nostra partner.
Sperando che non abbia mal di testa, dovrebbe cascare nel nostro intimo gioco di seduzione e in quel momento inizieranno i preliminari, ossia la parata.
Siamo ancora lontani dall'orgasmo perche' la parata ci difende momentaneamente, ma siamo costantemente a rischio di una rimessa e dobbiamo ancora concludere l'atto con la risposta.
La “prima” e' come il petting, da soddisfazioni ma non e' il vero amore. La “quarta” e' simile ad un coito interrotto. Inizialmente e' semplice e gradevole poi pero' si complica nel momento decisivo: la risposta. Alle volte per la fretta, si rischia di commettere grossi errori! La “terza” piace alle donne, i preliminari sono un po' piu' lunghi poi pero' si arriva spesso con certezza alla conclusione positiva (salvo una ceduta...). La “seconda” e' detta anche “del missionario”. Siamo sopra la lama dell'avversario, la realizzazione e' abbastanza semplice e la risposta arriva da se.
Ognuno deve trovare le proprie sensazioni considerando anche le caratteristiche del partner-avversario, l'importante e' usare sempre le giuste Precauzioni:



  • mai staccare il ferro in anticipo


  • mai avere fretta di tirare la risposta (Stoccata Precocis)


  • essere sempre pronti ad un eventuale rimessa



E ricordate: non usate solo il ferro, assecondate il movimento con tutto il corpo.

Il Messere

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7 ottobre 2007

Ritratti immaginari: Poi c'è il mio sogno.

La mia ragazza a volte non capisce. Dice che mi comporto da egoista, che di me stesso in fondo le offro poco, ma è facile parlare adesso quando invece un mese fa ero io ad avere bisogno di lei ma i suoi provini erano così importanti da non trovare il tempo di fare due ore di treno per venire a trovarmi qui. Brava, tante grazie. Mi spiace eh, se ogni tanto sono stanco, se devo allenarmi anche quando fisicamente sono uno straccio e magari al telefono mi senti un po’ distante, ma sai, tra una settimana avrei i mondiali e la scherma è il mio lavoro. Se ancora non l’avessi capito. Ma sai cosa? In fondo meglio così, mi aiuta a ricordarmi che sono solo, che devo imparare a rialzarmi e rialzarmi ancora senza l’aiuto di nessuno. E questa è la mia forza. Il tatuaggio sulla mia mano destra fatto in Giappone parla chiaro, lo guardo e so chi sono, mi spinge a combattere anche quando le difficoltà sono tante e le cose non vanno come dovrebbero. Comunque la fase negativa è passata, in pedana sto tornando quello di prima, la punta c’è e le gambe fanno il loro lavoro. La testa è sveglia e psicologicamente penso di essere il più forte, spero che il fisico non mi molli come l’ultima volta. Dopo l’influenza ho perso un po’ di massa, lo vedo allo specchio, ma non mi preoccupo, mi sento comunque carico ed energico. Seguo la dieta abbastanza rigorosamente, sgarro poco e non mi pesa: devo concentrarmi sulla gara e piano piano sento che ogni altro pensiero si arresta. E’ come se tutta la mia vita si contraesse intorno a un unico obbiettivo, in attesa di quel momento, di quell’assalto, in cui sarò perfetto. Sto leggendo un libro sullo Zen, mi aiuta a calmare la mente e mi sta ispirando anche schermisticamente. Devo dire che la filosofia orientale, insieme a Guerre Stellari è sempre una fonte di spunti preziosi che mi fanno riflettere. Cerco di eliminare tutta la negatività, le paure, evito anche alcune persone che secondo me hanno una cattiva influenza sul mio campo energetico. La tensione a volte sale, i mondiali sono sempre più vicini e mi serve un buon risultato. Ma ho fiducia. La grinta è tornata e penso positivo. Quest’anno ho lavorato tanto e spero sia arrivato il momento di raccogliere. Ancora uno sforzo, allora. Ancora una gara. Poi c’è il mio sogno. Poi c’è la vetta.
Eppure, dopo tutti questi anni, tutte le gare, gli allenamenti, le vittorie, le sconfitte, i ritiri, le spade rotte e mio padre che mi incita a fondo pedana, a volte mi sveglio di notte chiedendomi se è davvero quello che voglio. Strano, no?

un matto

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5 ottobre 2007

Il Genitore Menagramo

Della moltitudine umana che affolla il mondo della scherma questo è uno dei personaggi più bizzarri.
Egli non ha mai praticato lo sport, che approccia per la prima volta per accompagnare il figlioletto in gara. Ciò nonostante - palesando tutte le proprie debolezze emotive - non se la sente di assistere ai suoi assalti e si sfoga con gli astanti rivolgendo loro tutta la propria negatività karmika. Ai propri turbamenti non ama opporre lucida disamina critica o quantomeno fervida passione. E’ semplicemente rinunciatario&jettatore. Accompagnerà il vostro ingresso in padana con frasi tipo: “Buona fortuna!” o “Dai eh, se va male andiamo a consolarci alla Trattoria del Trogolo che sta qui a pochi km… Dai eh, forza! Comunque ho già prenotato..”.
Non si capisce mai di preciso se tragga maggiormente piacere dal vedere avverarsi i suoi presentimenti o dal vederti superarli.

A ricordare allo schermidore la sua precarietà indossa sempre la giacca, pronto ad abbandonare il palazzetto.


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2 ottobre 2007

Settecentocinquanta grammi [#2]

Sono stato sul sito della Gazzetta per vedere i risultati del mondiale.
A parte che le medaglie non meritano la prima pagina di quel giornale di merda, nei post trovi dei commenti scritti da non si sa chi, tipo questo, alla medaglia d'argento di Baldini:

"la Nostra tradizione nella scherma è vincere, non arrivare secondi. Ma va bene lo stesso."

Viene da chiederci se vogliamo veramente diventare famosi come il calcio.

io sono io


P.S. notare la N maiuscola

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Gambadilegno mi ha rotto il culo.


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