28 febbraio 2007

Che cos'è La Misura. Divagazioni filosofiche di L.M.

Premessa

Le righe che seguono sono in realta' il commento dell'Autore ad un precedente post pubblicato su queste colonne da il Messere il 17 gennaio scorso, e dedicato al concetto schermistico di Misura.
Per la corrispondenza tra i suoi contenuti e la propria mission, l'Editore ha ritenuto di riproporlo in forma autonoma con l'invito a leggere il pezzo da cui ha preso spunto. Ancora una volta, l'auspicio e' che con questo contributo un piccolo passo sia stato fatto nella direzione di fornire una risposta ai quesiti esistenziali di ogni schermidore. Buona lettura.

l'Editore


Egregi colleghi, illustrissimi compagni d'arme.

Ritengo opportuno fare un appello d'umiltà collettiva. Il problema che in questa sede ci stiamo ponendo, dobbiamo riconoscerlo, si trova ai limiti delle possibilità della ragione umana.
La Misura. Un intera vita dedicata alla comprensione di Essa non sarebbe sprecata, e tuttavia difficilmente potrebbe giungere alla Piena Conoscenza. Un po' come cercare il fiore di ciliegio più bello di tutta Shikoku. Lasciatemi inquadrare con un paragone le dimensioni del problema aperto.
Sappiamo tutti che nel 1916 Albert Einstein pubblica il suo secondo grande articolo sulla teoria della Relatività. In questo saggio egli dimostra come le due essenze componenti il nostro uninverso fisico, materia ed energia, non siano due entità parallele e indipendenti, bensì siano strettamente intrecciate l'una con l'altra, legate da precise leggi che ne determinano le dinamiche di scambio.
Pochi decenni più tardi, a Chicago nel 1942, Enrico Fermi passa dalla teoria alla pratica, producendo la prima reazione nucleare controllata. La Massa viene trasformata in Energia, e la trasformazione è guidata dalla ragione umana che, entro certi limiti, la comprende e la governa. Massa ed Energia: un dualismo non antagonista, giacché le due realtà si compenetrano e completano a vicenda. Dal punto di vista corporeo, noi stessi siamo una efficiente combinazione di Massa organica ed Energia chimica.
Torniamo a noi. Il Messere introduce il problema della misura (vedi "La Misura" pubblicato il 17/1/07. N.d.R.) e, alla fine del suo trattato, accenna alla questione del Tempo. Non mi sembra un caso. Il Tempo, generalmente percepito come mostro spaventoso e sfuggente, nell'istanziazione schermistica diventa però un agente più neutrale, che comanda l'evolvere della Misura. E riecco la dualità non antagonistica che già avevamo trovato nella fisica quantistica. Infatti, secondo opportune trasformazioni, parzialmente comprese e governate dalla ragione, il Tempo può trasformarsi e realizzarsi in Misura. Quella tra fisica e scherma a buon diritto allora, più che una similitudine, può essere considerata un'identificazione sostanziale, pur sotto diversa forma. E come per le trasformazioni Massa/Energia nelle reazioni nucleari, i risultati delle trasformazioni Tempo/Misura nella scherma possono essere meravigliosi o terribili.
Con ciò, cerco solo di contribuire alla definizione del problema, senza azzardarne soluzione. A mio parere, caro Messere, prima di procedere nell'analisi che proponi, dobbiamo accettare il fatto che l'opera resterà incompiuta nel suo titanico compito. Ciò nondimeno credo che l'impresa sia meritoria e assai degna del comune sforzo, collocandosi nella sfera delle sfide più ardite che la ragione umana abbia mai affrontato.

Cordialmente Vostro

L.M. alias Alfredo Di Legge

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7 febbraio 2007

Il Maledetto Scordinato Imprevedibile

Capita a tutti prima o poi.
Sei in forma, non troppo teso ma neanche troppo rilassato. La testa lavora bene, ti adatti facilmente all'avversario, le tue azioni sono efficaci. E il girone sta andando alla grande: cinque vittorie e hai appena giustiziato la testa di serie senza troppa fatica. Vai al massimo. Ti senti forte e aggraziato allo stesso tempo, calmo ma perfettamente vigile. E ad un certo punto, il tuo narcisismo straripa e ti dici: "Caspita, se tirassi sempre così potrei andare pure alle olimpiadi!". L'hai fatto. Accecato dall'orgoglio l'hai proprio sparata grossa. Ancora non ti rendi conto, ma mentre ancora gongoli ripetendoti che sì, sei proprio un talento e blablabla, Dio in persona si sta già organizzando per darti una lezione d'umiltà.

Nell'antica Grecia, l'arroganza eccessiva, debolezza umana spesso causa di rovina, veniva definita attraverso il termine "ùbris". Peccare di ùbris consisteva nell'eccedere goffamente, nel sovrastimare se stessi oltrepassando le proprie possibilità, reali o ideali. In parole povere, farla fuori dal vasino. I greci poi, che erano gente parecchio avanti, avevano capito che un peccato simile si può compiere anche solo col pensiero, mantenendo un'ipocrita facciata "low profile".
Un caso emblematico di ùbris, a quei tempi, era l'ignorare deliberatamente una volontà divina pensando di farla franca, come nell'episodio raccontato da Eschilo che vede protagonista il re persiano Serse che, fidando nella buona sorte, compie un atto che travalica i suoi limiti umani: nel muovere guerra ai greci, invade un tratto di mare, che per di più è anche sacro, e vi costruisce un ponte di navi, sfidando le leggi stesse della natura e offendendo nello stesso tempo il dio Poseidone. Il quale, naturalmente, guiderà il re verso il disastro militare.
E' interessante notare che gli dèi, in questi casi, per punire l'incauto peccatore non è che bussano alla sua porta armati di spranga e divina forza bruta, piuttosto manipolano gli eventi in modo subdolo, si manifestano sotto mentite spoglie, inviano sogni ingannatori e mille altre bastardate di questo genere che alla fine portano l'umano alla totale disfatta, fisica o esistenziale.

Ultimo assalto. Per ora, le hai vinte tutte. Evvai. Fai mente locale per capire chi è rimasto: testa di serie fatta, mancino francese fatto, il quarantenne corpulento che ti piglia il ferro fatto, la pippa innocua e terrorizzata fatta, il tizio che becchi sempre e c'è simpatia ma non ti ricordi mai il nome fatto...chi manca? Ti guardi intorno cercando il tuo ultimo avversario, senza trovarlo. "Amen- pensi- lo vedrò in pedana. Eppoi ho cinque vittorie! Chissenefrega! Sono un figo!". Mentre sei lì che ancora ripensi a che azioni stupende hai sfornato, che cavazioni fini, che parate tempestive, che prese di ferro salde ma strette e, dio!, che flèches da copertina, ti chiamano in pedana. Vai deciso verso il rullo, ti attacchi e alzi lo sguardo per vedere con chi devi tirare. C'è un pò di trambusto intorno all'arbitro che copre la visuale ma dopo qualche secondo la gente si dirama e, finalmente, lo inquadri.
La prima cosa che noti sono i calzini. Sono neri. E non di spugna ma di cotone. E non belli tesi ma un pò abbassati e sgualciti. Dentro di te un pò inorridisci, perchè il calzino nero proprio non si può vedere su uno schermidore, ma sghignazzi pure e senti che hai già capito tutto di lui. Solo gli scarsoni fanno scelte simili, è una verità non detta ma risaputa. Per il resto, il tuo avversario è abbastanza alto, magro e con occhi e capelli scuri. Deve avere circa vent'anni ma ha un'aria un pò adolescenziale enfatizzata da una pelle liscia e imberbe se non fosse per dei ridicoli e radi baffetti che evidentemente si ostina a non tagliare. La divisa è bianchissima e per qualche strana ragione gli calza malissimo. Impugna una spada francese dal manico arancione come fosse un cucchiaio e in un certo senso sembra completamente fuori luogo. Riabbassi lo sguardo e noti che, brrr, calza scarpe da basket blu. Questo è davvero troppo. Sembra teso e dal suo sguardo isterico e spaventato capisci che le ha perse tutte. Gli riguardi i calzini. E' più forte di te: quell'aria imbelle e esagitata, quei baffetti radi, quella spada storta e quel look da minchione non ti ispirano nessuna simpatia o tenerezza. Ti fanno violenza. Lo vuoi fare a pezzi. Qualcosa di estremamente malvagio si sta impossessando di te e non fai nulla per fermarlo. C'è anche la madre che lo guarda tirare e godi selvaggiamente al pensiero che lei assista al massacro impietoso di suo figlio. Non vedi l'ora di sfogare tutta la tensione accumulata nel girone su di lui. Dire che non lo temi è troppo poco, sei certo di vincere. L'idea di stroncarlo ti riempie di gioia rabbiosa. Tu sei il Campione e lui è una povera sega miserabile, così è la vita. Fanculo la modestia, fanculo il fair-play, fanculo il "non sottovalutare mai l'avversario": "io questa pippa di merda la distruggo!". Nascondi questi pensieri un pizzico antisportivi sotto un'aria cordiale, lo saluti e mentre immagini di sguazzare nel suo sangue gli sorridi amichevole. Cominciate a tirare. "Che la carneficina abbia inizio!" pensi, sbavando nella maschera.
Ma ti accorgi subito che c'è qualcosa che non quadra. Il tuo avversario si muove in modo strano. E' isterico, batte i piedi sulla pedana e agita il braccio armato in tutte le direzioni. E' talmente scordinato da risultare imprevedibile. Sembra matto. Il suo ritmo alieno rompe ogni tua azione al suo principio. E capire le sue intenzioni ti è impossibile. Gambe e busto in lui sembrano componenti separate e indipendenti. Le finte è come se non le vedesse, il suo braccio parte sempre nei momenti più impensabili e prendergli il tempo è davvero un'impresa al di fuori della portata di una mente umana. E' come quando si guardano certi insetti dalla motilità frenetica e incomprensibile e riesce difficile credere che siano una forma di vita del tuo stesso pianeta. Non ci stai capendo niente, è passato quasi un minuto e ancora non sei riuscito a toccarlo. "Maledetto scordinato! Ora ti ammazzo!". Decidi di buttarti, senza troppi calcoli, che tanto sta pippa non toccherà mai, che ti stai facendo dei problemi inutili, che è assurdo, che poi con dei calzini così, eccetera eccetera. L'idea è di spazzargli via il ferro con rabbia e sparare un affondo feroce in pieno addome, semplice ma brutale. Ma proprio quando il tuo ferro si scontra con il suo, piega il braccio in modo strano alzandolo contemporaneamente e, creando una misteriosa geometria, ti centra in piena maschera prima che tu riesca a raggiungere il tuo obbiettivo. La sua luce si accende. Lui lancia un urlo isterico, ti volta rapido la schiena e, pestando i piedi, torna in posizione di partenza. La madre, da fondo pedana, lo incoraggia: "Bravo Ruggero! Dai!". Ti sale talmente tanto sangue alla testa che probabilmente sotto la divisa il tuo corpo è diventato bianco come il latte. La mascella contratta, digrigni i denti, ridacchi nervoso e pensi che vuoi fargli del male. Ha anche urlato. Si chiama Ruggero poi. E ha i calzini neri. "Ti squarto". Di nuovo, quel modo di tirare da schizofrenico. Di nuovo, non riesci a pensare. Lui, evidentemente galvanizzato dalla botta appena messa, che ragazzina, ha aumentato ancora la sua velocità nevrotica e batte ancora di più le scarpe da basket sulla pedana. E' fastidiosissimo. Vuoi ritentare la stessa azione ma prima che tu lo abbia deciso veramente, il Maledetto Scordinato si abbassa all'improvviso e, con inguardabile gesto tecnico, schianta la lama di piatto sulla pedana toccandoti inspiegabilmente al piede. Luce. Urla. Mamma. Rabbia&pensieri sanguinari. Ora lo odi davvero. Mentre ricominciate a tirare, provando le stesse sensazioni di completo smarrimento di prima, ti accorgi che ti trovi inaspettatamente in crisi. La sete di vendetta e la paura di "perdere con uno così" stanno oscurando la tua lucidità, lo Scordinato invece ha il morale alle stelle e, soprattutto, niente da perdere. "Dai Ruggero!" Ti infiammi e parti in flèches. Parte anche lui, impossibile capire dove sta mirando. Lo tocchi. Ma tocca anche lui. E prima di te. Tre a zero. Urla come un pazzo, si sgola proprio. La mamma è in estasi. Sudi freddo, sei smarrito. E' avvenuto tutto così in fretta... e ora sei sotto di tre stoccate e manca meno di un minuto. Certo, hai cinque vittorie, ma l'idea di prenderle da quello scherzo evolutivo ti fa venire il mal di fegato. Non è possibile...tu sei molto più forte...quello è una merdaccia senza speranza...E mentre ti ostini ad avvelenare il tuo karma con questi pensieri, il tuo allucinante avversario parte di nuovo in flèches, da lontanissimo, lento e tremolante. Velocissimo, gli prendi il ferro pronto a sparare dentro con forza...male, devi fargli male...Ma la sua lama non è più dove credevi che fosse. Ti ha fatto una finta e ci sei cascato come un pollo. Da lui non ti aspettavi nulla di sensato e hai seguito il tuo primo istinto, sbagliando. La sua luce si accende ancora. Non grida. Incredibile, pensi, non esulta nemmeno più. La mamma si però. E' la disfatta. Mancano ormai pochi secondi. Tiri al piede, svogliato. Ti tocca. Cinque a zero. Lo saluti, incredulo, e ti stacchi. Il tuo cervello si rifiuta di realizzare la vergognosa debàcle e spara qualche fumogeno per annebbiare il tuo amor proprio. Dopo un pò però, seduto accanto alla sacca a bere gatorade, ti fai un esame di coscienza. Forse è giusto così, pensi. Quanto te la sei menata per le tue misere vittorie del girone. Altro che olimpiadi. Quello che è successo ti è servito a ricordarti che nella scherma nulla è certo è non puoi smettere davvero mai di guardarti le spalle. E anche quando sei al massimo, al top della forma, al settimo cielo o dove diavolo ti pare, c'è sempre qualcuno pronto a schiaffeggiarti e riportarti sulla terra. E non è detto che sia Rota. Può darsi che il tuo prossimo importante maestro sia qualcuno in fondo in fondo al ranking, con la spada storta e i calzini neri. Una vera sega, insomma. "Certo però - ti dici - che era proprio una gran sega". Te la ridi e corri a farti una piada.

Eschilo probabilmente l'avrebbe messa giù un po' diversa. Avrebbe detto: "Attento, giovane schermidore, quando un giorno ti troverai di fronte a un Maledetto Scordinato Imprevedibile. Non compiere l'audace errore di travisarne l'autentica natura: egli, forse, altri non è che un dio, giunto in pedana a giudicarti".

un matto

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