Giuseppe Mangiarotti, la linea è la miglior difesa
Pubblichiamo di seguito un articolo dedicato alla figura di Giuseppe Mangiarotti apparso sul fascicolo 2/07 della rivista Passione Stoccata. Ci e' sembrato interessante riproporlo su S&S per i suoi contenuti inediti o comunque scarsamente conosciuti ai più. Infatti se le imprese di Dario ed Edoardo Mangiarotti sono note, certamente lo stesso non si puo' dire di loro padre Giuseppe vero ispiratore di quelle gesta.
Ma da qui sorge una riflessione piu' ampia: l’epica schermistica ci racconta diffusamente di personaggi di questo calibro sportivo, riportando con puntualita' (spesso anche stucchevole) delle onoreficienze, premi, presenzialismi, compleanni, decessi, che li riguardano, contribuendo così ad alimentarne una devozione dovuta più ad un atto di fede che non alla reale conoscenza del loro contributo alla disciplina. Vengono tralasciati dalla cronaca i passaggi che hanno consentito il raggiungimento di quei grandi risultati. Manca, in definitiva, l'aspetto culturale.
A nostro avviso, pero' questo e' importante per imparare, per capire il ruolo che questi personaggi hanno giocato nella storia della scherma, e talvolta dello sport, succedondosi nelle generazioni. Dovrebbe essere oggetto di divulgazione anche da parte della Federazione che pure con questi contenuti giustificherebbe la spesa di quella pubblicazione arida (di nome e di fatto) che e' “La Scherma” o della sua emanazione elettronica.
Questa osservazione pero' e' solo apparentemente scontata. Lo dimostra il disappunto espresso dallo stesso Edoardo Mangiarotti dopo la lettura dell’articolo non riuscendo a spiegarsi lo scarso risalto riservatogli. Nonostante il sevizio non fosse dedicato a lui ma ad un'altra persona.
La quale peraltro era suo padre.
Buona lettura.
l'Editore
Giuseppe Mangiarotti
la linea è la miglior difesa
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Negli annali della scherma internazionale il nome Mangiarotti ha risonanza come forse nessun altro. Una vicenda lunga un secolo il cui primo attore è Giuseppe Mangiarotti, caposcuola e totale innovatore della disciplina.
Lui schermidore lo era diventato per scommessa: in una serata milanese di inizio secolo, dopo aver assistito ad uno spettacolo alla Scala era andato al "Biffi" con degli amici. Lì si trovavano tutti i gaudenti e proprio in quell'occasione gli fu presentato il giornalista sportivo Olderico Rizzotti, campione italiano di fioretto. Rizzotti era esile e Mangiarotti, recordman di sollevamento pesi, lo guardò mettendosi a ridere. L'altro si offese e per spiegargli che la scherma è una questione di riflessi, agilità e intuito, lo sfidò a duello. Alla discussione fu testimone il maestro siciliano Lancia di Brolo che si candidò per preparalo al match.
È così che Giuseppe Mangiarotti affronta il suo primo incontro: l’avversario fanfarone gli concede un vantaggio e lui lo batte alle 20 stoccate. La vittoria fa scalpore, il nostro si appassiona alla disciplina e il barone siculo lo invita nella sua sala d'armi.
Ora, possiamo anche dire che quella scherma fosse statica e leziosa e blablabla, ma che un nerboruto venditore di automobili milanese, appassionato di sfide alimentari e di culturismo senza la benché minima nozione schermistica, batta a duello un vero uomo d’armi, rimane un fatto straordinario.
Nel 1906 Mangiarotti è ormai pronto ad incontrare i più grandi tiratori europei, nel 1919 addirittura li mette tutti in fila e in mezzo partecipa pure alle Olimpiadi di Londra.
In questo periodo le dà e le prende abbastanza per comprendere che tra le discipline sportive tradizionali la scherma è quella che in quei decenni subisce le evoluzioni più radicali.
Tanto per cominciare il punteggio: si vince a tre stoccate e non più ad una sola (sopravvivenza che rimane tutt’ora nel pentathlon, sport reazionario oltre che dogmatico), questo si traduce finalmente in una maggiore possibilità di rischiare, consentendo il passaggio all’agonismo e mutando il concetto schermistico fondamentale di Misura. Quelli di Tempo e Velocità subiranno il colpo di grazia con la segnalazione elettrica, la quale porta uno stravolgimento nei concetti applicativi e tattici delle azioni del combattimento. In definitiva ha dimostrato la prevalenza delle azioni semplici dirette e indirette su quelle indirette e composte.
Presa coscienza di queste evoluzioni e passato all’insegnamento, Mangiarotti è animato da intenzioni progressiste e punti di vista originali:
“Infatti nel rapporto fisico: TEMPO – SPAZIO – VELOCITA’ l’unico elemento che resta fisso e immutabile è il TEMPO DI REGISTRAZIONE, varieranno quindi lo spazio, che è in rapporto alla misura, e la velocità che si identifica nell’immediatezza dell’esecuzione.”
(E. Mangiarotti – A. Cerchiari, La Vera Scherma, 1964).
In pratica: lo stile deve essere subordinato al risultato.
“Terra!!!” Ebbene sì signori, dopo un aperitivo di troppo, Giuseppe Mangiarotti parte per duellare con un tizio conosciuto in un bar del centro e si ritrova a scoprire l’America. Voglio dire: voi ve ne state lì sulla pedana, belli pasciuti, in vantaggio di una botta, e quando l’altro respira un po’ più profondamente lo silurate con un arresto al braccio o magari con una frecciata. Facile, tutto sommato, quando per ottanta anni qualcuno l’ha fatto prima di voi. Ma qui la situazione è diversa: stiamo parlando di un pioniere che ha contribuito al balzo evolutivo che fa intenerire uno spadista vero di fronte ai "combattimenti" di scherma tradizionale. E mica che l'ambiente fosse favorevole: negazionisti come Renzo Nostini, uno che faceva il presidente della F.I.S. e che ancora una cinquantina d’anni dopo l’esecuzione delle prime flèches dichiarava che era un errore parlare di scherma moderna, che questa era rimasta la stessa dei decenni precedenti.
Intanto però il Maestro impostava lo Schermidore Nuovo e lo mandava per il mondo a diffondere il verbo. Questi ritornerà poi con 29 titoli olimpionici, 43 mondiali e 29 italiani.
Amen.
Escludendo le molte sale d’armi presso cui Giuseppe Mangiarotti ha insegnato, tra cui quella della Società del Giardino (che ha diretto) e la Santelli di Budapest, in 98 anni le società schermistiche che portano il suo nome sono state cinque, tutte a Milano:
1°) Nel 1909 sorge la I sala Mangiarotti, stava in Via Chiossetto 8 (zona San Babila).
2°) La II sarà in Via Gustavo Modena (Porta Venezia).
3°) nel 1928 la III sala Mangiarotti è in Via Passione 9 (San Babila).
4°) IV sala Mangiarotti, è il '67 e ci si allena in Via Solferino (quartiere Garibaldi) proprio sopra al Corriere della Sera.
5°) Via Zarotto 7 (Piazza della Repubblica), V sala Mangiarotti. E’ il 1980.
Ed è qui oggi sotto la Cozzi, prima piscina coperta d’Italia progettata da Luigi Secchi nel 1934 (epoca in cui rappresentava il più grande impianto per il nuoto di tutta l'Europa), che regge Dario nato nell’anno del Signore millenovecentoquindici e primo genito di Giuseppe.
In tanto tempo la Mangiarotti è stata protagonista della scena agonistica e magistrale, arrivando a monopolizzarla per venti anni con i fratelli Dario ed Edoardo, primi apostoli della sua dottrina. Se per altre dinastie schermistiche come i Bertinetti o i Montano la discendenza è stata genetica, per quella della Mangiarotti è stata culturale. Le idee del Maestro Giuseppe hanno valicato l’intimità familiare ed echeggiano ancora oggi nelle sale di tutto il mondo, da sotto questa piscina, da sotto quegli sbraccianti primitivi che certo non hanno bisogno di interpreti. Mica se lo immaginano, loro, di galleggiare sopra la storia dello sport.
2 commenti:
Ebbravo Gazooshi, solo lui poteva attirarsi le ire dell'ufficio legale della federazione italiana nuoto, quella del pentathlon e di edoardo mangiarotti con un unico pezzo.
Bello comunque e, diavolo, tutto vero...
Tutto vero, e, diamine, gagliardamente riportato! con buona pace dell'egoentrico plurimedagliato...
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