24 maggio 2007

Atene, 410 a.C. in un salotto come tanti (final)


Alcibiade: "Parole sagge, caro Socrate. Non posso fare a meno di esprimermi a questo punto, perché penso che questo sia un grande insegnamento delle armi. Non tutti i momenti della nostra vita hanno uguale valore. La gran parte di essi è piuttosto piatta, vuota, al più segnata da fatica o riposo, dolore o piacere. Ma i momenti in cui le cose cambiano, i momenti in cui un uomo, un individuo, può caratterizzare di sé la realtà, quei momenti sono rari e fugaci.
È in quei momenti che i grandi uomini sono pronti a sfruttare l’opportunità, pronti a mettersi in gioco completamente per cavalcare il fato se propizio, o per smentirlo se avverso.
Sono attimi, in cui spesso si condensa il risultato di lunghissime fatiche, in cui è possibile mandare tutto all’aria o fare gran bottino. Attimi in cui è necessario saper mettere in atto il potenziale acquisito, per ottenere il massimo sul campo. Il che mai è sicuro."

Socrate: "Come darti torto, caro Alcibiade? La certezza non esiste nel combattimento. Finchè si è entrambi in piedi si può vincere e si può perdere.
Perciò mai confidare nel buon esito di qualcosa che è incerto. Le armi sono maestre di vita anche in questo, perché l’esperienza ci insegna che gli dei tendono a dannare coloro che sono troppo sicuri di sé. Sappiamo tutti che l’arroganza attira confusione e calamità, causando rovina.
Ebbene, nell’inseguire una vittoria, il fatto che la sconfitta sia sempre in agguato, e che vada contemplata come possibile esito, è una verità che si guadagna combattendo e si spende vivendo. L’apprendere questa verità ripara l’animo umano dal rischio di diventare arrogante, dal rischio di sentirsi illusoriamente vicino agli dei. Questa verità richiama insomma l’animo umano alla sua misera natura. Ma ciò è bene, è uno scudo di verità che ci ripara dall’ira degli dei.
Colui che in combattimento viene sconfitto, e impara ad accettare la sconfitta, saprà anche poi risollevarsene con dignità e rinnovato vigore. Colui che in combattimento vince, apprende quanto difficile da ottenere sia la vittoria, quanto essa richieda la massima determinazione mentale e fisica, e quanto essa sia prostituta di strada, piuttosto che amante fedele, nei confronti dell’uomo che la ottiene.
Tornando ad Aristodemo e ai suoi dubbi, da cui eravamo partiti, non credo di chiedervi grande sforzo se vi esorto a figurare come tutti questi insegnamenti delle armi si possano tradurre identici dal ginnasio al tribunale, all’agorà, agli affari e al mercato."


Agatone: "Grande Zeus…"

Aristodemo: "Saggio Socrate non ti capisco: che cos’ha in comune il freddo e buio marmo del tribunale con la polvere bollente del ginnasio?"

Socrate: "Suvvia, giovane atleta e studioso…"

Aristodemo: "Ma…"

Socrate: "Quando per una causa civile, in tribunale, affronterai un avvocato, che so…uno del calibro di Lisia ecco…credi che il confronto sarà meno serrato e spietato dei combattimenti che oggi affaticano le tue membra? Credi che ti verranno perdonati gli errori solo perché ivi è il verbo, invece della mano, a parare e offendere? Credi che il tuo avversario non spenderà ogni sua capacità ed energia per difendere il suo cliente a scapito del tuo?"

Aristodemo: "Sì, comincio a capire che cosa intendi, Socrate."

Socrate: "Benissimo. Potremmo trovare le medesime conseguenze anche in altri esempi applicativi, come il commercio, che può essere, se possibile, campo di scontro ancora più spietato del tribunale.
E non c’è da illudersi: ogni confronto umano, per quanto raffinato, colto, elevato, nobile, prevede ostilità e competizione.
Le armi ci offrono occasione di distillare questi meccanismi, per apprenderli senza timore e affrontarli con massima probabilità di successo.
Perciò animo, giovane amico mio! perché vedrai molto presto che saper combattere con la spada, anche se non sarà il tuo mestiere, ti sarà sempre di grande giovamento.
Farà di te un uomo più forte nel corpo come nell’animo, capace di impiegare in modo sinergico le proprie risorse per perseguire i propri scopi, pur nelle grandi difficoltà."



Così parlò Socrate, da tutti ritenuto sapiente, meno che da sé stesso.

Gli amici poi sigillarono la saggezza delle sue parole consacrando agli dei grandi libagioni di vino, insieme e in allegria.


Alfredo Di Legge

Copyright 2006 Scherma & Sperma. All rights reserved.

Nessun commento: