Una parte fondamentale della preparazione dello schermitore, fin dalle origini della nostra nobile arte, è la lezione. Il fioretto deve la sua nascita a questa pratica, nasce infatti in principio come arma da lezione, più leggera e versatile, in preparazione dei duelli mortali con le più pesanti spade. A prima vista, per l'occhio non esperto potrà sembrare un mero esercizio stilistico, ma dietro si cela un rigoroso processo biomedico e filosofico che la rende uno strumento irrinunciabile nella pratica schermistica.
I protagonisti sono appunto il maestro e l'allievo.
Ciò che viene prima della lezione in alcuni casi può apparire come un vero e proprio rituale di corteggiamento, solitamente l'atleta attende con una certa irrequietezza il momento della lezione e, mentre vede il maestro impegnato con altri atleti, di solito gli lancia occhiate curiose, stando ben attento a non farsi notare, o esegue un blando riscaldamento la cui intensità aumenta tanto più ci si avvicina al proprio mentore.
Dopo il rituale del corteggiamento arriva il fatidico momento in cui il maestro pronuncia la frase "Facciamo un paio di movimenti?" o "Lezione?", in quell'istante lo schermidore sembra tornare da un viaggio lontano e, con aria di indifferenza, risponde quasi incredulo e svogliato "Sì certo" o "Perchè no...". Successivamente il fortunato prescelto recupera gli attrezzi del mestiere e si avvicenda con il proprio maestro alla prima pedana libera. Rapido saluto e via si comincia. Ad un non addetto ai lavori, visti da fuori, allievo e maestro possono sembrare due completi rimbecilliti, che ciondolano avanti e indietro per la pedana e ripetono fino alla nausea movimenti incomprensibili, questo è invece il punto di forza della lezione.
La ripetizione è alla base dell'apprendimento, prima movimenti semplici, lenti, poi via via sempre più complessi, scelti ad hoc dal maestro in base alle caratteristiche dell'atleta, e sempre più veloci. Azioni schermistiche che si susseguono a velocità folli e replicate un numero imprecisato di volte, affinchè il cervello del sudatissimo allievo le immagazzini.
E' sublime e stupefacente riuscire ad immaginare come un organo, costituito per il 99% da acqua e grasso, non solo sia capace di comandare 75 kg di schermidore in un susseguirsi di movimenti prima innaturali, ma soprattuto possa ricordarsi e affinare la sequenza fino a renderla perfetta, elegante e efficace allo stesso tempo.
Le azioni sono eseguite in movimento, maestro e schermidore si avvicinano e si allontano in un'affannosa danza nel tentativo di mantenere la misura, in modo che la situazione ricordi il più possibile un vero assalto.
Affondo dopo affondo le gambe bruciano e diventano sempre più stanche, nella testa dell'atleta scattano meccanismi per combattere la fatica, stringe i denti, cerca di mantenere alta la concentrazione, di eseguire i movimenti con la maggiore precisione possibile, conscio che in pedana sarà molto più difficile.
Il maestro incassa, botta dopo botta, senza fiatare (tranne quando fanno male davvero), guarda attentamente ogni muscolo e ogni singolo movimento, cerca di cogliere ogni minimo sbaglio, nel tempo, nella misura, nella velocità e nello stile, si applica per correggerla, consapevole che ogni minima sbavatura verrà ingigantita in pedana, offrendo un vantaggio all'avversario.
E così si continua, e ancora, e ancora, fino a che il movimento eseguito per la prima volta, magari un pò lento e impreciso, non diventa un perfetto e rapido automatismo.
Poi ad un tratto tutto finisce, il maestro decide che per oggi può bastare, l'allievo ringrazia dentro di sè, via la maschera, i due si salutano, stretta di mano, fino alla prossima lezione.
Luigi Mirante
P.S. Grazie Maestro. Soprattutto per la pazienza.
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